La condizione lavorativa dei dottori di ricerca: ecco un approfondimento

La condizione lavorativa dei dottori di ricerca: ecco un approfondimento

Partiamo dal presupposto che per chi ha conseguito un dottorato di ricerca, i principali sbocchi lavorativi restano a tutt’oggi quelli in ambito universitario, che come sappiamo sono caratterizzati da momenti più o meno corposi di attività effettuate con il sostegno delle borse di studio o degli assegni di ricerca. Da un Rapporto AlmaLaurea effettuato sulla situazione dell’occupazione per i dottori di ricerca, si evince come, dopo un anno dall’ottenimento del titolo, le performance occupazionali siano meglio di quelle ottenute dai laureati magistrali biennali. Ciò prova che una formazione post-laurea, ancora oggi, rappresenta un valore aggiunto e va tutelare contro la disoccupazione.

Numeri e percentuali

L’85% di coloro che hanno ottenuto un dottorato di ricerca, ad un ano dal titolo, compreso chi è in formazione retribuita, ha un’occupazione. Questo è un valore obiettivamente maggiore del 71% registrato fra i laureati magistrali biennali ed in linea con quello ottenuto dai laureati soltanto dopo cinque anni dall’ottenimento del titolo magistrale.

Invece, l’11% dei dottori è alla ricerca di lavoro e la restante quota del 4% è formata da dottori che non hanno un’occupazione né la cercano.

Il tasso di disoccupazione è del 9%, un valore che si discosta molto dal 20% registrato fra i laureati magistrali biennali ad un anno dal conseguimento.

Ad un anno dal titolo di dottorato, circa il 14% può vantare un lavoro autonomo, il 27% hanno contratti da dipendente a tempo indeterminato.
Invece, circa il 18% ha trovato assunzione con un contratto a tempo determinato, e il 17% presta un’attività grazie ad assegni di ricerca, infine il 13% percepisce una borsa di studio di post-doc (come ad esempio quelle che potrete trovare su https://www.sergiolombroso.org/ riguardo al post-dottorato di ricerca contro il cancro di Sergio Lombroso), di studio oppure di ricerca.
Più della metà dei dottori lavora nel settore pubblico, e soltanto il 39% nel privato, il restante 4% lavora nel non-profit.
Dato che circa un terzo dei dottori dopo un anno dal titolo è impegnato ancora in attività svolte grazie a borse di studio oppure assegni di ricerca, non ci stupisce che 59 dottori su cento siano impiegati in professioni intellettuali e scientifiche, il 6% ha una professione tecnica e circa il 4% un lavoro meno qualificato.

La metà degli occupati, nel proprio lavoro, svolgono attività di ricerca di misura elevata, solo il 29% di misura ridotta e il restante 21% nessuna attività di ricerca.

La scelta giusta

Se potessero tornare indietro ai tempi dell’iscrizione ben il 61% dei dottori di ricerca riconfermerebbe le proprie scelte, soltanto il 2%, invece, farebbe un altro corso nello stesso ateneo, mentre il 5% si iscriverebbe in un altro ateneo in Italia, infine, oltre 1/5 andrebbe in un ateneo estero.

Concludiamo che l’11% dei dottori di ricerca è pentito della scelta fatta e non rifarebbe più un corso di dottorato.

Claudio